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#4

di Ivan Nannini

Se non fossi passato da qui. Se mi fossi informato o semplicemente avessi chiesto un po’ in giro, forse non mi sarei auto-imprigionato in questo muro di macchine. Da quello che sento mormorare tendendo l’orecchio fuori dal finestrino, questa pausa forzata all’ora di pranzo è dovuta al passaggio di qualche “personalità”. Presidente della Repubblica? Presidente del Consiglio? Un politico dall’estero? Non saprei…e la mia svogliatezza mi impedisce di balzare fuori per raggiungere il capannello di persone intente a discuterne a pochi passi da me. Certo, qualcosa mi arriva comunque all’orecchio…spezzoni di frasi come: “sai, loro si spostano con venti mezzi al seguito…” e ancora: “la polizia stamani ha fatto togliere di mezzo tutti i cassonetti per rischio bomba…” Bomba? Perché dovrebbero avere paura che qualcuno li faccia saltare in aria? Cosa mai avranno fatto di male per rischiare una morte così atroce… Poi una frase fa un po’ di luce nelle mia mente: “sai, il potere è così…si vogliono far notare.”

Si vogliono far notare dice…forse il tizio voleva intendere che vogliono ostentare il proprio potere, da qui la presenza delle forze dell’ordine, quella ventina di mezzi al seguito, i posti di blocco e Jet privati per i grossi spostamenti.
Il potere…di certo se il motivo fosse stato davvero quello di non farsi notare, la personalità in questione avrebbe potuto spostarsi con una Panda 4×4 indossando Blue Jeans e una felpa. Forse si sarebbe pure potuto permettere una sosta in Autogrill per un caffè senza che nessuno lo notasse…e invece no. Perché? Perché il potere va mostrato? Cos’è il potere? Cosa sappiamo noi sul potere?

Certo è che, se dovessi mettere in fila alcuni punti fermi del mio pensiero al riguardo, ne verrebbe fuori qualcosa del genere: Il potere ha bisogno di qualcosa che lo “difenda”; qualsiasi forma di potere ha forze di polizia, milizie ecc, o le guardie del Re in caso di monarchie. Ma credo comunque che il potere abbia bisogno anche di un certo appoggio popolare, e non solo nei sistemi democratici ma anche nei vari regimi totalitari dove, da una parte è evidente l’uso della forza per reprimere i dissidenti, ma dall’altra è comunque innegabile l’azione perpetua della propaganda per trovare l’appoggio della maggioranza dell’opinione pubblica.

Quindi il potere si ottiene con l’appoggio del popolo? Può darsi, è un’opzione possibile e la storia che sto per raccontarvi darà più credito alle mie parole.

Partiamo degli Stati Uniti, che come tutti sanno, fin dalla loro nascita hanno sempre mostrato un certo orgoglio per il fatto di non avere mai avuto un re. Niente monarchi, niente dittatori, solo presidenti. E invece, a quanto pare, è esistito anche un imperatore.

Si tratta di Norton I, imperatore degli Stati Uniti e protettore del Messico, che governò dal 1859, anno della sua autoproclamazione, fino al 1880, anno in cui morì. Fu un abitante di San Francisco che dopo essere caduto in povertà, decise con un proclama di prendere il comando del Paese per correggerne le storture, in particolare quelle relative al sistema legale. La sua iniziativa non ebbe un riscontro ufficiale ma tutto questo lo rese comunque famoso: Norton, con le sue bizzarrie, finì sui giornali e si attirò la simpatia dei suoi concittadini. Tanto da acquisire, di fatto, una certa autorevolezza.

Nato in Inghilterra, visse a lungo in Sudafrica. Nel 1849 sbarcò negli Usa in cerca di fortuna e divenne, grazie anche a un discreto gruzzolo familiare di cui disponeva, un bravo imprenditore in poco tempo. Ma nel 1852, intravedendo la possibilità di grandi guadagni con lo sfruttamento della crisi del riso (in quei mesi era sempre meno diffuso a causa del divieto di esportazione dalla Cina dovuto ad una grossa carestia interna), si presentò al porto di San Francisco dove né acquistò un carico proveniente dal Perù investendo tutti i suoi averi. Fu un grosso errore: dopo poco arrivarono altre navi piene di riso, sempre dal Perù, che fecero crollare il prezzo. Provò a rivalersi facendo causa alla Compagnia, sostenendo che la qualità del cereale non fosse buona, ma la corte gli diede torto. Dopo lo smacco sparì dalla circolazione: privo di un soldo, finì nelle classi più povere della società.

Amareggiato dalla sconfitta legale, pensò di poter intervenire sulle leggi che regolavano gli Usa autoproclamandosi Imperatore. Il 17 settembre 1859 inviò ai vari giornali della città le lettere in cui sanciva il nuovo corso:

Secondo la perentoria volontà e il desiderio di una grande maggioranza del popolo americano Io, Joshua Norton, proveniente da Algoa Bay, Capo di Buona Speranza e ora da nove anni e 10 mesi abitante di San Francisco, California, dichiaro e proclamo me stesso Imperatore di questi Stati Uniti. E in virtù dell’autorità a me conferita, ordino ai rappresentanti dei diversi Stati dell’Unione di riunirsi al Musical Hall di questa città, il primo giorno di febbraio, in modo da poter apportare quelle modifiche nelle leggi esistenti dell’Unione che potranno rimediare a quei mali sotto il quale il Paese soffre, modifiche che porteranno fiducia nella nostra esistenza stabile e integra, sia qui che all’estero”.

Ovviamente il proclama venne in larga parte ignorato, ma non dal San Francisco Bullettin, il cui direttore decise di pubblicarlo con intento ironico. Nonostante questo si attirò comunque la deferenza dei suoi concittadini, che presero a chiamarlo “Imperatore” ogni volta che lo incontravano. Addirittura, cominciò a coniare monete, che venivano accettate dai negozianti. Presenziava ai lavori dei canteri portuali. Si pronunciò a favore della costruzione del Golden Gate, della nascita di una Lega delle Nazioni. In più, godeva di tale carisma e rispetto che il suo intervento pacificatore in una manifestazione anti-cinese nel 1870 contribuì a placare le violenze. Lo scrittore Mark Twain lo considerava con ammirazione e, spesso, prendeva le sue parti nelle discussioni generali. Scrisse per lui, o meglio, per il suo cane defunto, un simpatico elogio pubblicato in un giornale dell’epoca. A lui, dirà Mark Twain, è ispirata al figura del “Re”, nelle avventure di Huckleberry Finn.

Quando Norton morì, il suo funerale fu maestoso. Parteciparono più di ventimila persone per un corteo di tre chilometri, “tutte le classi, dai capitalisti ai poveri, dai chierici ai ladri, dalle signore ben vestite a quelle che, dal modo in cui erano acconciate, si capiva appartenessero ai margini”. Un vero imperatore, insomma. Perché il potere e l’autorità veri sono quelli riconosciuti dagli altri, quelli a cui spontaneamente diamo il consenso.

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