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Il potere della poesia, in tutte le lingue

di Caterina Corucci

Circa un mese fa, Piombino.
Piazza Bovio, la terrazza a picco sul mare, mi affaccio e le onde si rompono in basso. Sembra di essere sulla prua di una nave. Poi più in giù il piccolo Porto Antico con le barchette di legno e la fontana di Marina con le bisce avvinghiate in rilievo, che le hanno regalato il nome popolare di Fonti delle serpi in amore. Mi tengo il mare sulla sinistra e continuo la passeggiata, risalgo fino ai giardini e sono alla Cittadella, una piccola città nella città. Nella corte rinascimentale voluta dai principi di Piombino, dietro al pozzo in marmo bianco, c’è il Caffè Letterario. Fuori, una piccola folla di persone. Mi avvicino con l’intenzione di prendere un tè, poi mi rimetterò in viaggio.

La piccola folla fuori del Caffè è variegata. Oltre alla parlata toscana colgo un accento francese; poi riconosco un poeta albanese che ho avuto occasione di conoscere tempi addietro, e infine, fra le altre persone individuo l’editore Gordiano Lupi, de Il foglio Letterario.

Mi incuriosisco.

Raggiungo Gordiano, mi presento, e scopro che fra circa un’ora avrà luogo un evento da lui organizzato: la Festa Della Poesia. Ma non una qualsiasi, come ce ne sono tante in giro. Questa ha una valenza internazionale: oltre ai poeti della zona interverranno anche molti stranieri, alcuni fisicamente, altri si collegheranno via Skype, come il cinese Liu Xi, o saranno presenti attraverso le loro poesie, durante il reading.

Lupi stesso scrive poesia ma anche narrativa. In verità fa un sacco di cose: romanzi, saggi, dirige la rivista Il Foglio Letterario e da diciannove anni la casa editrice che ha lo stesso nome. Le prime pubblicazioni furono proprio raccolte poetiche. Oggi, mi dice, oltre a leggere le opere dei presenti, verrà ricordata la poetessa Maribruna Toni della quale Il Foglio ha pubblicato un Meridiano apocrifo contenente l’opera poetica completa. Forse quello che caratterizza meglio Lupi è l’amore per la cultura e la letteratura cubane. Se ne fa promotore, pubblicando anche autori sconosciuti e molti di loro, grazie a tale occasione, si sono fatti apprezzare anche presso altre realtà. Traduce autori come Alejandro Torreguitart Ruiz, Felix Luis Viera, Heberto Padilla e Guillermo Cabrera Infante.

Intanto al Caffè Letterario continuano ad arrivare persone, ed è tutto un disquisire di regole del sonetto, di metrica e di sfumature di parole in lingue diverse.

Purtroppo quando l’evento sta per iniziare devo partire, mi riservo di guardare la diretta Facebook che verrà registrata e saluto. Mentre sto andando via incrocio Letizia Papi che conosco da anni non solo come scrittrice ma anche come bravissima cantante, mentre il Francese Patrice Avella, innamorato della Toscana dove ha trovato una casa, mi invita ad una cena che ha intenzione di organizzare con i colleghi scrittori.

Questo accadeva più o meno un mese fa. Da quel momento ho cercato di scriverne qualcosa ma anche guardando la diretta registrata non ci sono riuscita: mi mancano le sensazioni. Il fatto è che io quel giorno le poesie non le ho sentite leggere in diretta, non ho respirato l’emozione dei presenti.

Quindi una settimana fa ho deciso di contattare il poeta e scrittore Çlirim Muça, che è albanese ma vive in Toscana da qualche anno, e ho chiesto a lui di raccontarmi come è andata, per raccogliere magari le sue emozioni.

Ci siamo incontrati a Castiglioncello in una casa disabitata piena di libri e di mobili da sistemare. Abbiamo parlato dell’evento e di come è emerso, grazie all’intervento di Liu Xi, che i poeti cinesi amano Dante, Petrarca. Lui in particolare è attento a ciò che può scaturire dalle contaminazioni della cultura italiana e quella cinese tradizionale. La poesia come ponte fra le due civiltà.

Muça mi ha poi raccontato delle letture che sono state fatte, dei poeti milanesi e cubani e di Patrice Avella che ha teatralizzato una poesia di Prévert, del quale è uno dei traduttori.

Parliamo anche di come ora la poesia sembri essere stata relegata in secondo piano, nel campo letterario, ma che in realtà non è così. E anche Gordiano Lupi lo sa, lui che si impegna nel promuovere poesia di qualità. Magari in questo periodo storico è stata svilita dall’avvento dei social, dove tutti pensano di poter comporre versi facilmente. Ed è anche vero che oggi spesso si preferisce la brevità, non è un caso che ci sia un ritorno a forme come l’haiku.

Ma no, non c’è mancanza di amore per la poesia, anzi, proprio in queste feste se ne percepisce la forza. E si percepisce anche una cosa: che fra i poeti non c’è invidia, non c’è gelosia, come spesso accade per gli scrittori di narrativa.  “La narrativa”, dice Muça, “è un lago di pianura, esteso e poco profondo, la poesia è un lago alpino piccolo ma profondissimo.  Il poeta lo sa che forse non verrà apprezzato per anni, ma scrive comunque; sa che il suo pubblico può non essere nel presente ma lo sarà nel futuro. La poesia scava nell’intimo, e prima o poi arriverà. I veri poeti lo sanno, non si preoccupano molto del successo, di quanta gente va alle loro presentazioni”.

Prima di salutarci chiedo a Muça, essendo bilingue, come gli si affacciano alla mente le poesie, in quale lingua.
“Dipende per chi le scrivo, per che cosa”, mi risponde, “per esempio se sono per mia madre che non conosce l’italiano, nascono in albanese”.

Dopo qualche giorno contatto Gordiano Lupi, gli dico che ho scritto qualcosa sulla festa della poesia ma quasi senza scriverne. Che ho scritto soprattutto intorno a quella giornata. Per chiudere il cerchio mi piacerebbe che lui mi dicesse in che modo, secondo lui, la poesia possa servire a questa società ipertecnologica. Lupi mi parla della profondità. Di come mezza pagina di versi possa scavare nell’animo, più di un intero libro di narrativa.
Sembra eludere la mia domanda eppure la risposta è tutta lì.
Il lago alpino. La profondità.

Speranza
Barca che sempre parti e fai ritorno.
Acqua del precipizio
non mi lasciare.
Acqua di luce che ti fai grappolo
non perdere piede, impronta né la tua più piccola
traccia.
Essere un uomo tra le altre cose è vivere con te.
Tenero animale dall’occhio strizzato permanente
la tua pelle scivola ma si lascia manipolare.
Non sarai intrigo né foschia tra le ciglia
perché esisti, perché sei
acqua equilibrista acqua di fuoco acqua dell’oblio
che a fiotti torna indietro.
Spina della vita che prolifera supera pozze
persino trabocchetti.
Acqua del precipizio, non mi lasciare,
         non ti lascio.

(Felix Louis Viera, Maggio 1979 – Traduzione Gordiano Lupi)

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