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La Corte degli Accorti, dove la cultura è di casa

di Caterina Corucci

Una settimana fa sono stata invitata a un evento organizzato a Castelnuovo d’Elsa, frazione di Castelfiorentino, a casa di Chiara Riondino. Potrei parlarvi di lei artista cresciuta in mezzo alla canzone popolare, delle sue esperienze artistiche condivise con il fratello David, oppure degli spettacoli di teatro e musica che fece al Piccolo di Milano e poi al Puccini, o potrei raccontarvi dei suoi contributi come cantautrice a premi importanti come il Tenco e il Ciampi. Potrei parlarvi delle innumerevoli collaborazioni con attori e musicisti famosi. Invece vi parlerò della sua casa piena di amici e amici di amici, dei cinque gatti che dormono sereni sul pianoforte e sulle giacche degli ospiti e poi del riso al formaggio, delle pietanze semplici e del vino che gli invitati portano da condividere dopo le chiacchiere e la musica, della veranda dalla quale sembra poterci tuffare in un mare verde di colline morbide e della torre del fratello David che è proprio attaccata alla casa e dove i turisti possono dormire. Tutto ciò è la “Corte degli Accorti”, come Chiara e l’amica scrittrice e fotografa Cristina Trinci hanno deciso di chiamare questo luogo di incontri ed eventi per niente scontati.

Dunque arrivai in questo posto molto rilassata, che già il viaggio tra le colline mi aveva predisposto l’animo. La padrona di casa mi accolse nella sua cucina, che c’era da sistemare lo sformato, e lì mi feci raccontare di quanti si sono avvicendati a casa sua, del Vespa Tour di Fabio Mendolicchio che gira l’Italia portandosi dietro libri e scrittori e che fece tappa da lei, di Dino Campana, della Buona Novella e dei Narratori Erranti, della mostra di fotografia di Cristina Trinci  e Carlo Conforti accompagnata dai racconti a tema su cui il gruppo di scrittura Assenzio aveva lavorato, di Sacha Naspini e dei poeti e poetesse di Porto Sepolto. Artisti che fanno cose davanti a un pubblico in cui spesso si nascondono altri artisti.

Era domenica pomeriggio, in breve cominciarono ad arrivare gli ospiti, molti si conoscevano o si ri-conoscevano, altri non si erano mai visti. L’atmosfera era cordiale e il tempo ci regalò un bel tramonto nella veranda dove ci riunimmo, finché la torre sparì alla nostra vista, avvolta dal buio. Circa venticinque persone quel giorno, per ascoltare David Marsili, scrittore e musicista, le letture tratte dai suoi libri e poi la sua chitarra e Lucilla Rocchi alla tastiera, e le poesie in musica della Scapigliatura. Davvero, niente faceva pensare a un’esibizione “tipo”, ma nemmeno a una presentazione “tipo”, con i gatti sulle ginocchia a farsi carezzare e Chiara affacciata sopra di noi, alla finestra che dà sulla veranda, come una guardiana benevola. E poi tutti a darsi da fare per apparecchiare i tavolini e sporzionare il cibo.

La Corte degli Accorti si è data un nome azzeccato. “Corte” perché in estate si ci può spostare dalla veranda alla corte antistante la casa, “Accorti” perché qui c’è gente attenta a quel che di bello succede in giro. Ma se volessi definire l’evento, a che cosa ho preso parte? Una specie di “Book at home”, forse, come viene chiamata la nuova formula per le presentazioni di libri organizzati nei salotti, dove la padrona di turno invita autori, amici e conoscenti. Ho trovato che esiste anche la pagina facebook “Book at home” per divulgare condividere e promuovere le iniziative di questo tipo.

È una cosa che ha dei vantaggi rispetto alle presentazioni fatte in posti da prenotare, spesso da pagare, anche. Certo i posti sono limitati, il numero è chiuso, si va per inviti, ma il modo è nuovo ed è sincero, caloroso. Un po’ come i “Libri a pranzo” che si fanno alla trattoria da Pilade a Livorno, di cui parlai tempo fa. Una buona idea per incentivare la lettura, lo scambio culturale. Ma soprattutto, l’opportunità di conoscere persone che condividono le nostre passioni, perché alle presentazioni “tipo”, finita la cosa ognuno se ne torna da dove è venuto quasi sempre senza aver interagito con nessuno.

Dunque “Book at home” detto in una lingua d’altri, come se questo conferisse più prestigio all’evento. E perché invece non chiamare questi incontri, che ne so, “SpazioPagine”, o “SpazioArte”? Usando la bella lingua con la quale scriviamo i libri che vogliamo presentare e visto anche che gli incontri si fanno nei nostri luoghi, magari davanti alle colline intorno Firenze, stappando un Chianti.

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