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Fra i libri antichi di Poppi

di Caterina Corucci

Ieri, primo giorno di vacanze pasquali, mi sono messa in moto verso Subbiano, nell’aretino. Per staccare completamente la spina niente di meglio di un posto fuori dal mondo, raggiungibile dal paese attraverso una strada sterrata che sembra infinita, in mezzo a un bosco di querce. Alla Casina della Burraia, tutta fatta di pietra, gli ospiti sono accolti in camere dove l’elettricità non c’è, si sta a lume di candela e nella sala comune dove si cena tutti insieme intorno all’unico tavolo in legno, c’è un grande camino a riscaldare l’anima e il corpo.

Parlando con Eliana, la padrona della casa, ho scoperto che a quaranta minuti da qui c’è il paese di Poppi con il suo castello medievale dei Conti Guidi il quale ospita la storica Biblioteca Rilliana. Imperdibile, dice, perché contiene circa ottantacinquemila volumi: migliaia sono antichissimi, periodo del Medioevo, poi ci sono centinaia di manoscritti e tantissimi incunaboli che sono i primi libri stampati con la tecnica a caratteri mobili precedenti al millecinquento.

Dunque, visto che è imperdibile, stamani sono partita di buon’ora, destinazione Poppi.

Il panorama che mi accompagna è spettacolare, la primavera anche se acerba ha ricoperto le colline di un velluto verde che contrasta con il cielo lattiginoso e incerto di stamani. Arrivo alla porta di Poppi, piccola come è piccolo il paese, caratteristico con i suoi porticati bassi e tutto fatto di pietra. Salgo fino al castello dei Conti Guidi che non è imponente come altri castelli che ho visto; è, direi, discreto. Qui il Conte Guido Simone da Battifolle ospitò per un anno Dante durante il suo esilio da Firenze, e sembra che il Sommo Poeta vi abbia composto il XXXIII Canto dell’Inferno. Ma, trascurando per il momento Dante, pago i miei sette euro del biglietto, entro, ed eccomi catapultata nel passato. Scale di pietra, travi di legno e ballatoi, stemmi antichi scolpiti nelle lastre bianche.

La biblioteca Rilliana, o Rilli-Vettori che si trova all’interno del castello si chiama così perché si compone di due sezioni, quella storica contiene la collezione che il Conte Fabrizio Rilli Orsini donò nel milleottocentoventicinque alla comunità di Poppi e che accolse poi altri lasciti privati, e quella moderna, arricchita dai fondi donati nel millenocecentonovantacinque dal Professor Vittorio Vettori, dove si trovano testi del XX e XXI secolo e accoglie circa cinquantatremilacinquecento volumi, continuamente aggiornata con le ultime uscite editoriali.

Al primo piano trovo subito la Sezione Moderna, la cosa che più colpisce è vedere ragazzi dei nostri giorni, in felpa e sneakers, girare fra queste mura piene di storia, corridoi stretti e vetrate piombate. Gli scaffali sono stracolmi ma ordinatissimi, alti che sembrano inarrivabili. Giro un po’ per le stanze respirando quest’aria di giovinezza mista ad una netta percezione dell’antico, poi chiedo informazioni per arrivare alla Sezione Storica e tra uno scricchiolio di travi e lucernari storti la trovo.

Qui ci sono ventitremila volumi e opuscoli datati tra il millecinquecentocinquanta e il millenovecento, quasi seicento incunaboli e oltre ottocento manoscritti tra cui circa duecento medievali e rinascimentali.
Rilegature preziose riempiono scaffali alti fino ai soffitti, costole importanti con scritte dorate che sporgono da ogni dove, teche piene di tesori librari, miniature.

Intorno, silenzio e immensità.

Mi perdo in un manoscritto musicale apprezzando la notazione quadrata che indica l’altezza del suono e sotto leggo il testo del canto, in caratteri pieni di grazie, sul pentagramma di quattro righe. Poi mi immergo nelle pagine di un manoscritto in lingua latina, ricco di annotazioni e disegni, è il “Liber sex principiorum” di Aristotele, quando l’assistente alla sala mi sussurra che devo uscire, la bilbioteca sta chiudendo. Non so come ma son passate ore.

Esco dalla sala, mi imbatto in un’armatura e mi faccio fare una foto infilando il viso in un buco ritagliato nella sagoma che raffigura Dante. Poi, con il sorriso sulle labbra, sentendomi molto più ricca di quando ne sono entrata, esco dal castello, esco da Poppi, esco dall’incantesimo e da questa pagina.

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