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Sei giorni da paura al FiPiLi Horror Festival

di Caterina Corucci

Vado alla libreria e lo prendo, so esattamente dove sta. Tra “Milano calibro 9” di Scerbanenco e “Mucchio di ossa” di Stephen King. Ha un senso.

Sulla copertina lucida, rosso cupo e nero, disegni di braccia rigide e di mani che artigliano l’aria. “La paura fa 90 (righe)” è l’antologia che raccoglie i migliori racconti dei concorsi letterari selezionati durante il FiPiLi Horror Festival l’anno scorso, curata da Paolo Morelli (che è anche autore dell’ultimo racconto) e pubblicata da Edizioni Il Foglio.

Quasi quasi quest’anno partecipo, è uscito il bando per la nona edizione, ho tempo fino al 15 marzo 2020. Il fatto è che scrivere di cose paurose non mi riesce, o meglio, sono talmente paurosa e superstiziosa che solo a parlarne ho il timore di evocarle.

Si tratta di presentare un racconto che stia nel limite di 90 righe di testo; il tema è la paura intesa in tutte le sue declinazioni: horror, giallo, thriller, fantascienza o noir.

C’è anche il concorso per i cortometraggi, stessi argomenti, perché il FiPiLi Horror Festival è soprattutto un festival cinematografico e letterario. Poi ad aprile, per sei giorni e sei notti Livorno si tinge di terrore. In quei giorni, oltre alle premiazioni dei vincitori dei due concorsi, si svolge un fitto programma di proiezioni, letture, laboratori, incontri e dibattiti con esperti del settore. In città arrivano personaggi come Dario Argento, Pupi Avati, i Manetti Bros, Cecilia Scerbanenco e altri noti e notissimi. Il Cinema la Gran Guardia, la Fortezza Vecchia,  il Nuovo Teatro delle Commedie e altre location, librerie comprese, diventano palcoscenico e punto di ritrovo.

Dario Argento

Dietro a tutto questo ci sono Ciro Di Dato e Alessio Porquier, Direttore Tecnico e Direttore Artistico del Festival, due giovani livornesi con tanta passione per il genere, che non so come facciano a organizzare le cose così bene, perché hanno una vita, un lavoro, una famiglia, eppure si danno da fare tutto l’anno affinché ad aprile ogni appuntamento sia pianificato. Prenotare l’albergo per l’editor italiana di Stephen King, Anna Pastore; riservare l’aula al premio Urania 2015 Lukha B. Kremo per il workshop di scrittura creativa “fantascientifica”; selezionare le pellicole horror che verranno analizzate con il critico cinematografico Federico Frusciante, sono solo alcune delle innumerevoli cose in ballo.

Quando li ho incontrati, Ciro e Alessio mi hanno raccontato che il nome FiPiLi deriva dal fatto che nelle prime edizioni quasi tutti i partecipanti raggiungevano il festival tramite la Strada di Grande Comunicazione FiPiLi provenendo appunto dalla toscana. Tempi lontani. Ormai il festival sta diventando internazionale ed è così strutturato che grazie a una convenzione con il dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere dell’Università di Pisa, mette a disposizione stage curriculari, dando la possibilità agli studenti di fare esperienza diretta sul campo e insieme ottenendo aiuto e collaborazione dagli stessi. Perché cose da fare ce ne sono davvero tante.

Alessio Porquier e Ciro di Dato (al centro) con Marco e Antonio Manetti

Insomma la macchina del festival si è rimessa in moto, anzi, a dirla tutta non si era mai fermata, che Alessio e Ciro non lesinano eventi e anticipazioni tutto l’anno.

Poche settimane fa ha avuto luogo una rassegna ispirata alla relazione fra arte e paura: un percorso che va dal film di Pupi Avati, “La casa dalle finestre che ridono”, al pittore Chaïm Soutine, (quello che ritraeva i “folli” e le carcasse di animali) passando per Amedeo Modigliani e i misteri che permeano la sua storia. Inoltre a novembre è stato il FipiLi Horror Festival a chiudere Erotica anni 70, analizzando il rapporto tra eros e horror e giorni fa ero presente a Villa Maria quando Lukha B. Kremo ha parlato di fantascienza, aprendomi una finestra su un mondo che non mi aveva mai interessato perché immaginavo troppo lontano dalla realtà. Come mi sbagliavo.

Sfoglio l’antologia, ci sono dei racconti che ricordo meglio di altri: quello del bambino che stabilisce un contatto con suo fratello morto anni prima, attraverso scritte che appaiono sul vetro appannato. E quello dell’uomo che dopo la morte della moglie trova nel congelatore pezzi di carne conservati presumibilmente da lei e che lui considera quasi un’eredità della donna, ognuno nella sua busta trasparente, dalle forme tondeggianti tipo medaglioni, e che poi, quando si decide a mangiarli,  avverte una consistenza strana e un sapore “familiare”. La seconda parte dell’antologia è dedicata ai racconti dei ragazzi dei licei che hanno partecipato, per loro il concorso si chiamava Livorno Horror Story perché le narrazioni dovevano essere ambientate a Livorno.

Insomma forse la scrivo questa storia di paura, o forse no, perché dopo aver riletto qualche pagina del libro so già che mi guarderò bene dal fare appannare lo specchio dopo la doccia, e che stasera guarderò con sospetto il filetto di vitella. Però il FiPiLi Horror Festival ho intenzione di seguirlo, anzi già che ci sono mi anticipo. Vedo se rintraccio Lukha B. Kremo, che mi ha incuriosito non poco, e mi faccio raccontare qualche cosa.

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