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Il mondo nascosto dentro “Guerra e pace”

di Annarosa Bartolini

Cosa può dirci di noi un libro che si svolge nei primi anni del 1800, quando l’assetto dell’Europa e del mondo e il modo di vivere erano così distanti da quello di oggi? Pubblicato per la prima volta tra il 1867 e il 1869, “Guerra e pace”, di Lev Tolstoj narra le vicende di due famiglie della nobiltà russa durante il regno di Alessandro I, negli anni dal 1805 al 1812, cioè dalla battaglia di Austerliz, quando l’avanzata di Napoleone sembrava inarrestabile, alla sua sconfitta a Waterloo nel 1812.

Il libro si apre con un ricevimento a casa di una nobile, una festa serale in cui si commentano gli ultimi avvenimenti e si fanno pettegolezzi.  Vengono introdotti due dei personaggi principali, Pierre Bezucov e Andrej Bolkoskij, che al loro ingresso si presentano con le loro caratteristiche, pregi e difetti, con cui faranno i conti per tutto lo svolgimento del romanzo. Quello che attrae del libro infatti è proprio l’umanità dei personaggi, la loro vicinanza alle nostre debolezze, ai nostri sogni, visioni e cadute. Andrej entra con lo sguardo stanco ed annoiato, soprattutto nei confronti della giovane moglie Lise, ritratta con il suo lavoro di cucito nella borsa di velluto dai ricami dorati, con il labbro superiore grazioso, leggermente ombreggiato di peluria e un po’ più corto della dentatura. Non sono particolari insignificanti, in Tolstoj le minuziose descrizioni fisiche rispecchiano il modo di essere, e queste peculiarità rimandano al carattere lezioso e superficiale di Lise; allo stesso modo non è casuale che Pierre venga descritto come il più grosso di tutte le persone presenti, a disagio nella sua ingombrante corporatura e nella sua evidente goffaggine: nonostante questo, Tolstoj precisa in modo ironico che non è tanto il suo essere così massiccio e sproporzionato a generare inquietudine e timore nella padrona di casa, ma il suo sguardo, intelligente e nel contempo timido, spontaneo e indagatore.

Questo modo acuto e quasi psicanalitico di tratteggiare i personaggi, potrebbe già dirci molto della sensibilità sempre attuale di questo libro.

Ci sono moltissimi personaggi minori, tutti interessanti, sia che possiamo seguire le loro vite, sia che siano semplici apparizioni e sono presenti anche personaggi storici: Napoleone, l’imperatore Alessandro e il generale Kutuzov, uno dei più complessi e suggestivi. La guerra rappresenta il mondo storico e la pace quello umano. La prima volta che ho letto questo libro, ho sorvolato ampiamente le battaglie e le spiegazioni sulla guerra, ma poi mi sono accorta di perdere molto perché uno dei grandi pregi di Tolstoj è quello di farci sentire vicinissimi a quello che descrive, e quindi anche i luoghi di battaglia diventano accessibili e ci possiamo muovere dentro e guardare cosa avviene, come farà Pierre a un certo punto del romanzo. La guerra entrerà nelle case e nelle città attraverso i prigionieri e cambierà così gli equilibri, avvicinerà o separerà inaspettatamente le persone.

La seconda scena del libro si svolge a casa Rostov ed è qui che impariamo a conoscere la protagonista femminile. Natasha ha tredici anni, è allegra, esuberante, piena di vita, sottile come un giunco; la vediamo interagire con la sua famiglia, giocare con i fratelli, confidarsi con la cugina Sonia, emozionarsi per la sua infatuazione adolescenziale per il giovane Boris.

Contrapposta alla verde vivacità di Natasha, troviamo la grave e forse eccessiva serietà del principe Andrej, che si innamorerà della leggerezza appassionata di Natasha e si sentirà in dovere di partecipare attivamente alla guerra, combatterà con onore e sarà ferito gravemente. Disteso a terra, con l’asta della bandiera che era sta stata presa dai Francesi, sofferente guarda il cielo, che non conosceva, a cui non aveva mai fatto attenzione, un cielo con le nuvole che navigavano e lasciavano intravedere l’immensità azzurra. Si accorge che Napoleone sta parlando di lui: “voilà une belle mort“, ma non fa caso alle sue parole, gli sembra un uomo piccolo e insignificante in confronto a ciò che avveniva fra la sua anima e il cielo infinito, su cui correvano quelle nuvole. Si accorge di comprendere la vita in modo diverso, in fin di vita disteso sul campo di battaglia, si accorge di trovarla meravigliosa.

Il contrasto tra la guerra e la pace meraviglia e stupisce in ogni pagina: mentre si consuma la battaglia in cui sarà ferito Andrej, Tolstoj si sofferma a descrivere scene di vita quotidiana sulla diga di Augezd, dove per tanti anni il vecchio mugnaio con la berretta era rimasto pacificamente a pescare, mentre il nipotino, le maniche della camicia rimboccate, giocava con i pesci argentei e palpitanti nell’innaffiatoio.

Poi ci sono le meravigliose pagine dell’incontro di Andrej con Natasha diventata giovane donna. Si affacciano alle finestre, una sopra l’altra, contemporaneamente, mentre il chiaro di luna, come se da un pezzo fosse appostato lì fuori irrompe nelle stanze. Lei è incantata dalla notte, non riesce a dormire, la sua voce di ragazza piena di entusiasmo e di sogni, il fruscio del suo vestito, il respiro attraversano l’aria fino a lui e “nella sua anima a un tratto si destò un tale inatteso groviglio di pensieri e speranze giovanili, in contraddizione con tutta la sua vita, che sentendosi incapace di chiarirsi il proprio stato d’animo si addormentò subito”.

L’oscuro cielo stellato e la cometa del 1812, circondata da un pulviscolo di stelle aprono poi a Pierre, il terzo protagonista del libro, la via della sua nuova vita: Pierre guardava gioioso, con gli occhi bagnati di lacrime, quella stella chiara che dopo aver trasvolato a indicibile velocità spazi immensi nella sua traiettoria parabolica, all’improvviso, come una freccia conficcatasi in terra, sembrava essersi attaccata a un punto che si era scelta nel cielo nero per fermarsi lì, levando energicamente la coda all’insù, brillando e palpitando con la sua luce bianca fra le altre innumerevoli stelle scintillanti.

L’importanza simbolica della luce ricorda un romanzo abbastanza recente e molto innovativo, quello di Jennifer Egan, “Il tempo è un bastardo”, in cui ci sono questi collegamenti tra momenti topici, cruciali per i protagonisti e la luce che sembra collegarli gli uni agli altri e come metterli sotto un riflettore emotivo. Il suo libro, dalla trama corale, ancorato alla vita reale e alla società americana, ha come motivo conduttore il tempo, cercando di ricreare quelle esperienze temporali descritte come ondate di suono puro, squillante, sinistro e dolce allo stesso tempo, che si diffondono nel cielo via via più chiaro.

Tutti i personaggi minori sono ben tratteggiati e potrebbero essere protagonisti di spin-off collegati a Guerra e pace. Vorrei ricordare il capitano francese Ramballe, a cui, ubriaco, Pierre confessa il suo amore per Natasha e la sua esclamazione al fatto che non sarebbe mai stata sua: “Tiens!”, come oggi potremmo dire “Evvai!”, un’espressione così moderna, fatalista, ironica, inaspettata a quel punto del libro.

Ancora il cielo riflette lo stato d’animo di Pierre. A destra si era levata alta la giovane falce della luna, e dalla parte opposta era sospesa la stessa cometa luminosa che nell’anima di Pierre era legata al suo amore.

Ci sono frasi estremamente sintetiche che chiudono capitoli dell’animo, riferendosi a Natasha, quando il dolore si trasforma in passato, o ancora nel suo incontro con Andrej per indicare la risoluzione delle loro vicende, lui le sorrise e le prese la mano e per la prima volta si immaginò la sua anima e capì il suo sentimento, le sue sofferenze, la vergogna, il rimorso. Il tempo, i luoghi sono lontani dalla nostra quotidianità, ma i caratteri, i pensieri, l’animo dei personaggi è reale, ci appartiene e ci fa scoprire la nostra intimità, ne restituisce la profondità con parole semplici. Si capiscono, attraverso le vicende dei personaggi, esperienze vissute che si non si erano comprese, si ha l’impressione di conoscersi meglio e di comprendere il mondo in modo diverso. 

Quindi, per rispondere alla domanda che ci siamo posti all’inizio, Guerra e Pace, un libro ambientato nella sconfinata Russia di inizio ‘800, può dirci tanto di noi, ci suggerisce modi diversi di guardare la realtà, ci aiuta a ritrovare una dimensione corale in un’epoca di apparenza ed individualismi, rinsalda il legame con una natura che sempre di più siamo abituati a sentire estranea ed indipendente dalle nostre vite, e che invece, anche attraverso le immagini che ci regala Tolstoj, scopriamo essere qualcosa che è dentro di noi, che ci accompagna e ci influenza, dona una luce diversa alle nostre esperienze, ha il potere di cambiare il nostro sguardo sul mondo e sulle cose, come fa il principe Andrej, che disteso su quel campo di battaglia, guardando le nuvole correre nel cielo, si accorge che la vita è meravigliosa.

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